Le basi dell'educazione civica
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Riflessioni sull'educazione civica
Consulta: Corso on line di Educazione alla Cittadinanza nella Rete della Vita
Alle radici della questione morale
L'educazione civica si pone come obiettivo
l’educazione dell’individuo quale cittadino per una consapevole e corretta
partecipazione alla dimensione civile e sociale.
Tradizionalmente, si afferma che l’individuo al fine di collaborare positivamente
allo sviluppo della società di cui egli è partecipe, ha
una serie di doveri, dei quali deve essere consapevole, verso gli altri:
- rispettare le leggi giuridiche in generale;
- rispettare la Costituzione;
- essere animato da doveri di solidarietà verso gli altri;
- rispettare l’ambiente esterno e le risorse naturali.
Oggi, semplici cittadini ed esperti constatano che, da un lato le regole
giuridiche da rispettare, in tutti i settori della vita quotidiana, sono
molteplici e in continuo aumento, e dall’altro, il tasso di mancato rispetto
delle norme è notevole.
Talora, al fine di ridurre l’area dei cattivi comportamenti, il legislatore
adotta ulteriori regole, come se la radice di tale fenomeno risieda nella
insufficienza delle regole stesse. Tuttavia, nonostante il proliferare
delle norme, la dinamica umana non muta. Essa si è mostrata insensibile,
parimenti, nel corso degli anni anche ai progressi della tecnica.
Una cultura fondata sulle regole formali e sulle conoscenze intellettuali
sta mostrando vistose lacune e non pare in grado di orientare il nostro
percorso di vita. Si trascura di considerare che le scelte in generale
compiute dall’uomo e, in particolare, anche quelle di rispettare, effettivamente,
un precetto etico o giuridico, non derivano solo da fattori intellettuali,
ma anche da ciò che veramente l’uomo desidera. Ciò che l’uomo
desidera nella propria sfera interiore e che spesso non è esternato
pubblicamente, condiziona fortemente i comportamenti concreti e può
far compiere scelte elusive delle regole. Talvolta, noi stessi amiamo,
per apparente convenienza, non prendere atto di queste nostre realtà
interiori.
L’esperienza ci dice che non è sufficiente conoscere con l’intelletto
un valore per operare in modo conforme ad esso. Questo dato lapalissiano
circa l’influenza cruciale del mondo interiore è, però,
trascurato nella formazione culturale. La cultura ufficiale sul piano
formativo dà scarso peso alla sfera interiore e a come avvengono
i processi di scelta nell’individuo.
A fronte di questa grande disattenzione, però, vasti settori della
vita economica e sociale studiano, in modo approfondito, il mondo interiore
al fine di condizionare l’uomo verso comportamenti predeterminati. Sono
studiati i colori, i messaggi scritti, i suoni, le immagini, le comunicazioni
sub-liminali per toccare le pulsioni profonde da cui possono scaturire
atti automatici di acquisto di beni e di consenso pre – confezionati su
varie materie della vita sociale.
Vi è, dunque, una situazione paradossale: lo studio del mondo interiore,
trascurato in sede educativa e cioè in funzione della consapevolezza
dell’individuo, risulta, invece, molto praticato al fine di riuscire a
condizionare il singolo fin dalla prima infanzia, come dimostrano i numerosi
studi sugli effetti della pubblicità avente come destinatari i
bambini quali acquirenti di beni. Il mondo interiore è studiato,
quindi, da esperti solo per condizionare le manifestazioni di consenso
dell’uomo. Questo bagaglio di conoscenze non è al servizio della
singola persona o del cittadino, affinché possa diventare consapevole
del proprio mondo interiore e possa assumere comportamenti coerenti con
i valori liberamente scelti.
Che vi sia un bisogno formativo in quest’ambito lo si evince dalle numerosissime
tipologie di corsi e seminari, presenti nel mercato, rivolti agli adulti
e al personale delle aziende per lo sviluppo del proprio potenziale, ivi
compreso, per il controllo della propria sfera mentale ed emotiva. Peraltro,
da molti decenni, la scienza medica e psicologica ha iniziato a studiare
l’impatto del mondo interiore cioè delle cosiddette energie interiori
sulla salute psico – fisica, con risultati acquisiti anche nella cultura
popolare. Da qualche anno, poi, anche alcuni pedagogisti propongono di
inserire, in sede di formazione scolastica, un’ educazione al sentimento
e al pensiero, in quanto il “territorio interno”, cioè la vita
interiore non può più essere patrimonio delle confessioni
religiose o delle speculazioni accademiche.
Si avverte il bisogno di una “cultura” che aiuti a conoscersi, a migliorarsi
e non a istruire la mente, come se fosse un magazzino da riempire con
una serie di informazioni tecniche.
Il prof. Michael Walzer - Institute for Advanced Study School of Social
Science – University Princeton, ha osservato, nel corso di un seminario
tenutosi in Italia, in tema di etica:”Che cosa insegnano i professori
di tanto vitale perché ogni studente lo debba studiare? Evidentemente,
i docenti non concordano sulla risposta da dare a questa domanda, ma c'è
un punto di vista che mi pare valga la pena difendere, ossia l'affermazione
che gli studenti debbano studiare la filosofia morale e politica e concentrarsi
sui problemi delle scelte morali nella vita politica e professionale”
(Si può insegnare la morale?- 23 ottobre 2008- Asti).
Lo stesso Walzer propone anche che le virtù morali richieste dalla
cittadinanza democratica e i diritti e gli obblighi che questa comporta,
dovrebbero figurare nei piani di studio delle università (ma anche
della scuola in genere), pur nella consapevolezza che ciò provocherebbe
conflitti, stante la natura non neutrale dei valori morali.
A ben vedere, riflettere sul processo della scelta costituirebbe già
un passo in avanti rispetto alla situazione presente, fermo restando che,
evidentemente, l’educazione interiore dovrebbe lasciare libero ciascuno
di compiere le proprie scelte nei confini del giuridicamente lecito. Se
riuscissimo a vivere realmente i valori etici neutrali quali, ad esempio,
quelli incorporati nella Costituzione, avremmo ottenuto, comunque, una
grande conquista per la nostra società. Oppure, pensiamo quanto
ai valori etici neutrali, all’art. 1 della Dichiarazione universale dei
diritti umani che recita: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali
in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza
e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Tuttavia, al fine di arrivare a questo stato di coscienza e di azione,
vi è un problema preliminare da affrontare: ciascuno deve essere
consapevole di possedere potenzialità interiori per compiere le
proprie scelte, governare i propri pensieri e sentimenti, senza subire
processi di dipendenza di sorta.
Ciascuno dovrebbe essere attrezzato per governare il proprio mondo interiore
al fine di gestire e non subire gli innumerevoli input che provengono
in quantità massiccia dalla realtà esterna.
Nel passato vi era un interesse diffuso affinché l’uomo fosse abile,
soprattutto, nell’impiegare le braccia, il corpo fisico. Oggi, nonostante
la notevole evoluzione sociale, permane lo stesso interesse di fondo:
l’uomo deve acquisire un bagaglio di nozioni per svolgere al meglio le
funzioni lavorative ed economiche. Oggi come allora, non vi è un
interesse generale affinché l’uomo diventi un soggetto attivo nel
mondo interiore. Oggi, come allora, il mondo interiore della moltitudine
deve risuonare solo in base agli input desiderati e selezionati da pochi
o dal mercato.
Abbiamo forse superato lo stadio di alfabetizzazione di massa, ma la schiavitù
permane: lo stadio imminente, noi ci auguriamo, possa essere quello della
consapevolezza interiore, senza la quale non potrà esservi, a nostro
avviso, un mondo stabilmente migliore.
Il cambiamento, ricorda E. Laszlo, “non dipende dalla tecnologia, poiché
la tecnologia è solo uno strumento … ma il problema chiave è
se vogliamo cambiare veramente il nostro comportamento, sia come economia
sia come società e cultura: qui è necessario un cambiamento
culturale. Dobbiamo dunque cambiare la nostra coscienza, perché
quando cambia la nostra visione cambiano i valori ed i comportamenti.
La visione preponderante oggi è quella della separazione uno dall’altro:
si può separare tutto, possiamo usufruire dell’ambiente come più
ci piace, è una visione meccanicistica, materialistica che non
è più supportata dalla scienza, ma è sempre dominante
nell’economia e nella politica ed in tante parti della società
civile è ancora un valore accettato e condiviso. Questo deve cambiare,
oggi è importante avere una visione più vasta che vede noi
stessi come elementi di un processo più grande, di un processo
co-evolutivo. Questo cambiamento è necessario e io penso sarà
decisivo nei prossimi anni. Oggi è essenziale il ruolo dell’educazione
e della scuola perché la società capisca l’importanza di
questo cambiamento”( E. Laszlo, Intervento al Convegno: “La rete della
Vita - verso una visione integrata della realtà”, 27 novembre 2009,
Iseo).
Al momento, questo bisogno formativo non pare essere intercettato dagli
organismi politici che rappresentano la collettività, ma non pare,
nemmeno, che i molteplici movimenti spirituali, sensibili alle tematiche
della vita interiore, abbiano deciso di far sentire “una voce unitaria”
su questo aspetto fondamentale dello sviluppo umano.
Per focalizzare la rilevanza e l’autenticità del mondo interiore,
proviamo a immaginare per un momento, che i pensieri e i sentimenti abbiano
forme e colori, talora belli e talora brutti, a seconda della qualità
interiore posseduta, cioè delle informazioni veicolate.
Ad esempio, l’ingordigia, la bramosia, la cattiveria, l’avarizia, la menzogna
potrebbero avere forme e colori grossolani o mostruosi. Peraltro, talvolta
anche l’espressione facciale costruita a mo’ di scherno o per ragioni
sceniche, offre indicazioni in tal senso. La dolcezza, la bontà,
l’equità, potrebbero, invece, avere forme e colori delicati e belli.
Immaginiamo ora cosa accadrebbe se diventassero visibili, improvvisamente,
questi mondi interiori, con i relativi pensieri, moventi e sentimenti.
Per alcuni uomini che hanno ottenuto posizioni importanti nella vita sociale,
politica, religiosa ed economica, potrebbe risultare drammatica la rappresentazione
visiva offerta alla collettività. Tutti comprenderebbero, subito,
perché, nonostante le parole pronunciate e i propositi annunciati,
alcune di queste persone non si sono mai adoperate per il “bene” declamato.
D’altronde, dobbiamo convenire con umiltà che per molti noi, forse,
potrebbe essere imbarazzante la visione pubblica della nostra vita interiore.
Gli altri, osservandoci, comprenderebbero, subito, perché, malgrado
i nostri propositi pacifisti, non siamo, in realtà, portatori di
pace e giustizia, perché albergano in noi rancori di varia natura.
Per i più meritevoli, la visione della vita interiore potrebbe
essere, invece, molto bella, simile ad una sorta di microcosmo armonioso,
colorato, musicale e profumato come le rose bulgare!
Se fossero visibili i nostri mondi interiori, probabilmente, la vita sociale
sarebbe organizzata secondo i valori, realmente, posseduti dalle singole
persone e sarebbe più facile anche capire come aiutare le persone
che versano in difficoltà.
Se vedessimo, ad esempio, il mondo interiore di coloro che nella società
s’impongono con ogni mezzo, forse, scopriremmo degli esseri soggiogati
malgrado, in apparenza, ostentino benessere e soddisfazione. Proprio a
questi ultimi, forse, potrebbe ben attagliarsi quanto scriveva Spinoza
sulla libertà: “Tale è questa libertà umana, che
tutti si vantano di possedere, che in effetti consiste soltanto in questo:
che gli uomini sono coscienti delle loro passioni e appetiti e invece
non conoscono le cause che li determinano” (Ethica, V, 3).
Se fossero visibili i nostri mondi interiori, tutti saremmo indotti a
cambiare in meglio!
[...]
Nel territorio interiore opera, come tutti noi possiamo constatare, non
solo l’intelletto, ma anche il desiderio. Se entrambi non sono in sincronia
sullo stesso oggetto, il comportamento non potrà essere autentico
e coerente.
Nessuno dichiara pubblicamente:
- «devo provocare una guerra per vendere armi»;
- «devo riversare nel mare e nei fiumi vari veleni perché
devo risparmiare i costi di smaltimento»;
- «devo alterare il cibo per vendere più prodotti»;
- «devo offrire dei soldi per ottenere un appalto»;
- «devo scrivere un articolo diffamatorio»;
- «devo impedire l’uso dell’energia solare»;
- «devo impedire la divulgazione di una scoperta, in quanto danneggerebbe
la mia azienda»;
- «voglio ottenere posti di comando ed emarginare tutte le persone
che possono oscurare le mie aspirazioni»;
- «devo mantenere molto bassa la qualità informativa dei
programmi televisivi»;
- «devo rendere i programmi educativi privi di contenuto reale».
Nessuno lo dice, eppure taluni lo fanno, in tutti gli ambienti (lavorativi,
politici, religiosi, sportivi…) come si può evincere dalla cronaca
quotidiana e dalla storia umana.
Proprio in questo territorio interiore attecchiscono i desideri di possesso
e di consumo smisurati impeditivi di una più equa distribuzione
delle risorse della Natura.
Da questo territorio interiore traggono linfa i comportamenti di adesione
o di aggiramento delle leggi scritte e non scritte, il bisogno di violare
o di rispettare i doveri civici di cittadinanza in senso lato.
Ma, se quanto appena detto corrisponde alla realtà dei fatti, perché
questo territorio non dovrebbe essere conosciuto?
Educare l’uomo alla conoscenza del mondo interiore dovrebbe essere il
fondamento di una sana educazione civica la quale, a nostro avviso, non
può prescindere dalla conoscenza di come si formano le scelte interiori
in quanto queste condizionano, inevitabilmente, la nostra condotta esteriore.
La cultura, quindi, dovrebbe preparare il cittadino fin da piccolo a essere
consapevole forgiatore della propria vita interiore, piuttosto che un
soggetto passivo rispetto ai modelli di pensieri e sentimenti costruiti
da altri.
Certo, si comprende la ritrosia di una certa cultura a dare spazio anche
solo concettuale alla sfera interiore, stante l’abitudine a ritenere la
stessa come una zona franca, inconfessabile. Dare valore allo spazio interiore
ci costringerebbe a prendere coscienza di come effettivamente siamo, senza
lasciare spazio alle illusioni e ciò può risultare per noi
doloroso, nel breve termine.
Il fatto di dare valore allo spazio interiore si scontra anche con un’altra
serie di pregiudizi radicatisi rispetto alla nostra esperienza passata,
quando l’educazione interiore voleva dire, in taluni casi, dover compiere
una delega in bianco a qualcuno che riteneva di avere il diritto di ingerirsi
nelle vite interiori altrui, o di imporre una vita interiore piuttosto
che un’altra.
A nostro avviso, l’educazione interiore dovrebbe limitarsi allo studio
e all’osservazione del mondo interiore in generale, per verificare i nessi
tra ciò che pensiamo e sentiamo e il nostro benessere e la realtà.
I progressi scientifici, peraltro, sono notevoli in questo campo. Poi,
al singolo compete osservarsi, verificare l’esistenza di questi nessi
e scegliere i propri valori e continuare a sperimentare, se vuole. Esistono
in tutte le tradizioni, le fonti recanti regole etiche alle quali ciascuno
può attingere liberamente.
Come è stato osservato: non importa che si sia credenti o atei,
quel che importa è che ci s’impegni per giungere a un livello di
equilibrio indispensabile per poter studiare, applicarsi sui campi d’interesse
umano, investigare e analizzare la realtà, altrimenti anche i processi
cognitivi risulteranno disturbati (Dalai Lama, conferenza a Washington,
8 novembre 1998).
Evidentemente, nel nostro ragionamento, si prescinde dal richiamo palese
o surrettizio a specifiche dottrine, religiose o metafisiche. I valori
etici cui riferirsi possono essere anche quelli contenuti nelle Costituzioni.
Autorevoli scienziati, non a caso, promuovono il valore della consapevolezza
individuale quale risorsa per il cambiamento, distinguendo, correttamente,
la spiritualità dalla religiosità: “In effetti si registra
una crescita di attenzione verso la spiritualità, non la religiosità,
quanto proprio la spiritualità, il che è diverso. Ogni religione
è dottrinale, il fedele deve seguire gli insegnamenti della propria
chiesa. La spiritualità invece è sviluppo interiore, nella
sua essenza. Il buon religioso è profondamente spirituale, ma non
tutti sono buoni religiosi. La religiosità può esistere
senza spiritualità e la spiritualità può esistere
senza religiosità. In ogni caso, la vera spiritualità è
oggi più potente, cresce tra la gente inducendo molti a cercare
dentro se stessi, a capire il proprio compito in questo mondo in cambiamento”
(Erwin Laszlo).
Un esempio concreto in tema di etica pubblica può chiarire il nostro
ragionamento. Premettiamo che per i giuristi l’espressione “etica pubblica”
individua l’agire da parte di ogni pubblico funzionario con onore, imparzialità
nei confronti del pubblico, al servizio esclusivo della Nazione, cioè
della collettività.
Il fatto che questi principi di etica siano contenuti negli articoli 54,
97 e 98 della Costituzione e che vi sia un apparato giurisdizionale ad
hoc per applicare le sanzioni a chi viola questi precetti, non vuol dire
che automaticamente sia stato posto fine ad uno stile di vita elusivo
dei principi di imparzialità e trasparenza (La classifica sulla
trasparenza redatta nel 2010 da Transparency International sulla base
dell’indice di percezione della corruzione, pone l’Italia in una posizione
molto critica, al 67° posto). Infatti, è diffusa oggi la convinzione
che le regole formali sono una cosa e i comportamenti concreti un’altra
cosa. Questa dicotomia accettata come normale, investe anche questioni
molto rilevanti della vita collettiva. Pensiamo al rispetto dei diritti
umani e delle risorse naturali, alla sicurezza alimentare, alla tratta
degli esseri umani, etc.
A ben vedere, la causa di queste condotte non risiede in una ipotetica
lacuna o difettosità delle regole, ma palesemente nel fatto che
il mondo interiore delle persone “inadempienti” non è in sintonia
con determinati valori. Il problema non si annida nella difettosità
dei valori etici recepiti nei principi costituzionali e nelle conseguenti
regole giuridiche statali o internazionali.
Chi coltiva nell’ombra, nella propria sfera interiore, quelli che per
noi tutti sono disvalori, sarà nella vita quotidiana attratto da
questi e, al di là dei propositi pubblicamente dichiarati, tenderà
a fare ciò che veramente desidera.
La forza di attrazione esercitata da questi desideri supera, spesso, anche
gli eventuali buoni propositi. Le persone dominate da desideri egocentrici
(denaro, potere …), infatti, fanno di tutto per alterare le regole, ritenendo
ciò normale, in quanto l’essenziale è non essere scoperti.
Non è importante rispettare, nella sostanza, le regole di giustizia,
poiché l’ingiustizia subita dagli altri non è percepita.
Essa è irrilevante. Così, come l’imprenditore non percepisce
l’inquinamento delle risorse naturali provocato per ragioni di profitto
economico. L’Io percepisce quale interesse sensibile, esclusivamente,
quello connesso agli smisurati desideri del proprio ego.
Con questo non vogliamo esprimere valutazioni moralistiche. Tutti o quasi
tutti, occorre riconoscerlo con umiltà, potremmo essere coinvolti,
in misura minore o maggiore, da problematiche etiche. Vogliamo al contrario
evidenziare, in un’ottica costruttiva, che non è facile sincronizzare
valori interiori ed esteriori e che l’adesione alla legge e ai precetti
in generale, non appartiene alla sola sfera intellettuale, ma all’uomo
nella sua interezza e, quindi, anche alla sfera dei suoi sentimenti, dei
suoi desideri. La qualità del mondo interiore è, pertanto,
la migliore garanzia del rispetto delle leggi, è la migliore cura
per invertire la nostra direzione di marcia.
Per quanto detto, amare i Valori e farli amare, ove possibile, con il
proprio esempio, sono il migliore antidoto per cambiare la qualità
della vita sociale. Amare i valori etici fin da piccoli, in particolare,
è un’ottimale protezione avverso le ambiguità comportamentali
che attanagliano, spesso, il mondo degli adulti. A tal fine, appare pregiudiziale
restituire un ruolo fondamentale alla consapevolezza interiore e ad una
cultura psichica appropriata. Come scrive E. Morin, “L’auto – esame è
una esigenza primaria della cultura psichica; dovrebbe essere insegnato
fin dalle prime classi per diventare una pratica abituale come la cultura
fisica“.
Peraltro, non siamo qui interessati a esaminare le ragioni che possono
indurre l’uomo ad optare per il disvalore, se si tratti di ignoranza del
bene, come affermava Platone o di acrasia, cioè carenza di volontà,
come sosteneva Aristotele.
Il nostro convincimento è che, comunque, ciascuno dovrebbe avere
un’educazione minimale delle funzioni interiori per esercitare la propria
libertà. […] pensiamo che la problematica dell’educazione civica
debba essere esaminata anche in una prospettiva complementare a quella
tradizionale. È importante conoscere il nostro territorio esterno
(diritto, economia, società, ambiente…), ma anche quello interno,
perché la consapevolezza del proprio mondo interiore è la
premessa di un effettivo rispetto delle regole concernenti la convivenza,
il pactum societatis e fraternitatis che lega tutti noi. Come ricorda
Gustavo Zagrebelsky (Principi e voti, Einaudi, 2005) una delle principali
funzioni della Costituzione consiste nel fissare i presupposti della convivenza
fra tutti, cioè i principi sostanziali della vita comune e le regole
di esercizio del potere pubblico accettati da tutti, posti perciò
al di fuori, anzi, al di sopra della contesa politica: “Per riprendere
antiche e venerabili concezioni, si può dire che la Costituzione
fissa innanzitutto il “pactum societatis”, con il quale ci si accorda
sulle condizioni dello stare insieme, in quel reciproco rispetto che protegge
dal conflitto estremo, cioè dalla guerra civile. Sulla base di
questo primo accordo, può essere stipulato un per lo più
implicito “pactum subiectionis” con il quale ci si ripromette reciprocamente
di ubbidire, di assoggettarsi, alle decisioni del governo legittimo, cioè,
in una democrazia, al potere della maggioranza che agisce secondo le regole
e nel rispetto dei principi contenuti nel “pactum societatis”.
L’educazione civica ha detto il citato autore non “ha mai preteso di essere
molto di più che un’informazione sommaria sulle istituzioni mentre,
dove ha tentato di andare oltre, in appoggio della democrazia, è
stata più un’apologetica e una propaganda che non una pedagogia
… sembra essere venuta meno l’esigenza di insegnarne lo spirito … Ogni
società ha un modo di governarsi cui corrisponde un suo ethos particolare
che deve informare lo spirito degli individui che governano e che sono
governati ... La domanda è … se si possa insegnare non che cosa
è la democrazia ma ad essere democratici, cioè ad assumere
nella propria condotta la democrazia come ideale, come virtù da
onorare e tradurre in pratica. Più in generale e in breve, si tratta
di sapere se gli ideali, le virtù, e in particolare la virtù
politica, si possano insegnare oppure no”.
A nostro avviso, è possibile, anzi, è doveroso insegnarne,
almeno, i presupposti che ne rendano fattibile l’apprendimento: cioè
occorre, dapprima, porre in risalto la conoscenza del mondo interiore
la quale è idonea a produrre, tendenzialmente e progressivamente,
quale conseguenza naturale, una condotta esteriore sempre più coerente
e conforme ai valori scelti.
È nostro convincimento che la consapevolezza interiore possa indurci,
naturalmente, verso le espressioni più elevate della nostra natura,
riducendo progressivamente i desideri di oppressione, offesa e aggressività:
“Una delle cose fondamentali di cui sono convinto è che la natura
umana sostanzialmente sia incline alla compassione e all'affetto. La fondamentale
natura umana è gentile, non è aggressiva né violenta
… tutti gli esseri umani condividono la natura divina. Aggiungerei inoltre
che quando esaminiamo il rapporto fra la mente, o coscienza, e il corpo,
ci accorgiamo di come gli atteggiamenti, le attitudini e gli stati mentali
positivi, come la compassione, la tolleranza e il perdono, sono strettamente
collegati con la salute e il benessere fisico e accrescono il benessere,
mentre gli atteggiamenti e i sentimenti negativi, l'ira, l'odio, gli stati
di grande turbamento mentale, minano la salute. Si potrebbe affermare
che questo nesso dimostra come la nostra fondamentale natura umana sia
sostanzialmente incline ad atteggiamenti e a sentimenti positivi” (Dalai
Lama, Una lettura buddista del Vangelo, Mondadori, 1996, pag. 14. Cfr.
su questo tema O. M. Aïvanhov, Natura umana e Natura divina, Prosveta).
Se aderiamo a questa prospettiva, appare logico ritenere che i giovani
al fine di compiere liberamente le loro scelte, siano resi consapevoli
ex ante degli strumenti interiori che possiedono per affrontare la vita
e possano essere liberi di sperimentare, osservando se stessi e gli altri,
il raggio di azione ed interazione della vita interiore propria e altrui.
La libera scelta è alla base di qualsiasi etica in quanto le norme
morali, non giuridiche, non possono essere imposte, né adoperate
quale metro per collocarsi su una torre d’avorio di superiorità
morale nei confronti degli altri.
Forse potremmo dire tutti insieme, un giorno, che “comportarsi
Bene” conviene, anche perché genera in noi il Gusto e il Sapore
della Vita, perché siamo in sintonia con Lei, con i Suoi progetti altruistici.
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