Le intenzioni!
(estratto dal "Codice delle Leggi")
Bruno E. G. Fuoco
La rilevanza degli stati interiori nelle leggi Morali: le intenzioni.
La rilevanza delle intenzioni nelle filosofie spirituali.
La rilevanza delle intenzioni nella cultura emergente.
1. La rilevanza degli stati interiori nelle leggi giuridiche.
Fin
dai tempi antichi, salve eccezioni, l’umanità ha ritenuto giusto individuare
i presupposti in presenza dei quali l’atteggiamento interiore potesse
e dovesse essere sanzionato. In assenza di una indagine condotta in tal
senso, una persona avrebbe potuto rischiare di essere punita anche per
atti commessi da terzi o riconducibili alla forza maggiore o al caso fortuito
(1).
In tutti i casi, per ipotizzare una responsabilità giuridica risultava,
comunque, indispensabile il compimento di un atto esteriore.
Nel diritto si usa l’espressione “elemento soggettivo” o “psicologico”,
per indicare lo stato psicologico in cui versa una persona fisica ritenuta
autrice di un atto vietato. L’indagine sull’elemento psicologico ci dice
concretamente se la persona ha partecipato interiormente al compimento
dell’atto vietato. Questa partecipazione può essere declinata, secondo
le categorie tradizionali, in dolo o colpa(2).
In termini molto sintetici, ma sufficienti ai nostri fini, possiamo affermare
che se un dato atto non è stato voluto dalla persona (dolo) o se non è
stato la conseguenza della violazione di regole comportamentali (colpa),
non può sussistere una responsabilità giuridica. Questo vale in modo rigoroso
in materia penale ove si afferma che nulla poena sine culpa (cfr. art.
27 della Costituzione).
Alcuni giuristi(3)
con l’ausilio della scienza psicologica hanno indagato in profondità le
vicende interiori, e hanno affermato che nel caso del dolo, l’inconscio
coinvolge la coscienza e l’Io della persona collabora per fini antisociali.
In questo caso, vi è una decisione interiore, l’Io ha fatto una scelta.
La partecipazione interiore è in questi casi massima e la pena è, conseguentemente,
quella più grave.
Nel caso della colpa, la responsabilità è minore, in quanto minore è stato
il coinvolgimento interiore; l’inconscio ha eluso l’Io ed è stata violata
una regola comportamentale.L’Io, in questo caso, non ha vigilato e si
è lasciato spodestare dalle forze dell’inconscio (4).
La
persona in entrambe le ipotesi di dolo o colpa, deve avere, comunque,
la capacità di intendere e di volere.
Nessuno, afferma il codice penale, può essere punito per un fatto preveduto
dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era
imputabile ovvero, non aveva la capacità di intendere e di volere.
Evidentemente, gli stati emotivi e passionali, ancorché incidano sulla
lucidità mentale del soggetto agente, non inficiano l’imputabilità, a
meno che vi sia un vero e proprio stato patologico. Le alterazioni transeunti
della sfera psico-intellettiva che costituiscano il naturale portato degli
stati emotivi e passionali, afferma la giurisprudenza, non escludono,
né diminuiscono l’imputabilità (così l’art. 90 c.p.).
Aggiungiamo, infine, che l’indagine sull’elemento psicologico diventa
fondamentale non solo per decidere, a seconda dei casi, la sussistenza
di una responsabilità (civile, amministrativa o penale), ma anche per
graduare il quantum della sanzione da comminare.
Ma, in tutti i casi contemplati, la sola intenzione, l’animus non accompagnato da condotte esteriori, per le leggi giuridiche, evidentemente, non rileva.
2. La rilevanza degli stati interiori nelle leggi Morali: le intenzioni.
Occorre ora chiedersi, dapprima, se la sintetica declinazione degli stati soggettivi rilevanti per le leggi giuridiche abbia analogo riscontro nelle Leggi Morali.
Nelle
leggi giuridiche, come abbiamo prima osservato, l’intenzione rileva solo
se accompagnata da una condotta esteriore: si pensi all’animus donandi
(«intenzione di donare»), all’animus possidendi («intenzione di possedere»),
all’animus iniuriandi («intenzione di recare offesa»), etc.
Ai fini delle Leggi Morali, invece, costituisce evento rilevante non solo
la condotta, ma anche il pensiero e il sentimento.
In particolare, l’intenzione di compiere un atto riveste un ruolo importante.
L’intenzione, in questo ambito, può essere identificata con la finalità
prefissata in sede di compimento di un dato atto, ovvero con la motivazione
(5).
Ma perchè le leggi morali, le filosofie spirituali (cfr. paragrafo 3) e la cultura emergente (cfr. paragrafo 4) riconoscono un ruolo così significativo alle intenzioni? La responsabilità morale dell’intenzione ha basi oggettive? A questi interrogativi cercheremo di rispondere nel prosieguo della nostra riflessione.
L’intenzione pur concernendo una finalità attesa opera, in verità, già nel presente in quanto si esprime mediante una energia, una forza che ci spinge adesso a programmare una sequenza di gesti o di atti che forse compiremo nel futuro.
L’intenzione opera, dunque, nel presente, ma anche nel futuro, in quanto essa imprime la direzione alle cose che pensiamo, sentiamo e facciamo. La direzione impressa mette in movimento energie le cui qualità, armoniose o disarmoniose, si palesano ex ante. Cioè, le qualità dell'intenzione ci dicono anche quale sarà la destinazione finale delle energie impiegate. La direzione impressa tramite l’intenzione contiene in nuce quelle qualità.
L’intenzione
vera che noi nutriamo non sempre, però, traspare dal comportamento esteriore.
I casi più sintomatici di scissione tra intenzione nutrita e azione materiale
compiuta possono essere così descritti:
1) quando si compie un’azione recante un “dare” per fini egoistici (es.
per apparire);
2) quando si produce un risultato negativo a seguito di un azione, comunque,
corretta nelle intenzioni. Ciò accade in quanto non sempre è possibile
governare la catena dei fatti causali, per cui possono, talora, verificarsi
conseguenze spiacevoli non riconducibili ex se all’azione inizialmente
compiuta.
Nel caso sub 1), il soggetto agente ha immesso nella Vita un’energia egocentrica, un seme egocentrico. Questo è il dato che la Natura e la Legge Morale vedono, anche se l’azione materiale contiene un dare.
Nel caso sub 2), il soggetto agente ha immesso nella Vita un’energia altruistica, un seme altruistico e per circostanze non dipendenti dalle sue intenzioni, si è verificato un evento sfavorevole. Il dato che la legge Morale vede è l’energia altruistica e questo seme farà germinare.
Ecco
perché si afferma, tradizionalmente che, anche in presenza di una azione
esteriore, il movente perseguito resta fondamentale. Un gesto, a seconda
dei casi, può recare finalità egocentriche o altruistiche e cioè energie
armoniose o disarmoniose: “di per sé, un gesto, un atto, non è né puro
né impuro: ciò che è puro o impuro è l’intenzione, è il sentimento, è
il desiderio che spinge gli esseri a compiere quel gesto o quell’atto”(6).
Ma quanto detto non vuole significare, evidentemente, che l’intenzione possa, in teoria, giustificare tutte le possibili condotte umane, o che la corretta intenzione possa comportare disinteresse per gli effetti delle proprie azioni, come taluni studiosi hanno pure ritenuto (7). Vi sono atti che non possono, a priori, discendere da moventi altruistici e che non possono essere giustificati, evidentemente, da ipotetiche intenzioni positive. Abbiamo difficoltà a concepire come un uomo che abbia l’intenzione di compiere un’azione altruistica, possa disinteressarsi delle conseguenze concrete del proprio operato. Chi agisce per il bene della collettività, non può prescindere dal valutare gli effetti delle azioni che intende compiere.
La corretta intenzione non è un generico stato di buona fede soggettiva. La corretta intenzione implica un certo grado di consapevolezza. L’intenzione corretta implica un quid di conoscenza e di vigilanza al fine di assistere all’eventuale decorso dell’azione intrapresa.
Emblematico è questo passaggio tratto dal Dhammapada:“svegliati, osservati, agisci con purezza e con attenzione conformemente alla legge eterna e la tua gloria crescerà … L’inconsapevole agisce distrattamente”.
La
responsabilità morale dell’intenzione va collocata, allora, per comprenderne
il reale significato, nel contesto concettuale proprio della maggioranza
degli Insegnamenti filosofici in questione, secondo i quali (cfr. infra,
paragrafi 3 - 4):
1) l’essere umano è libero di sviluppare il mondo interiore secondo le
proprie idee, ma è obbligato ad accettare le conseguenze delle proprie
scelte. Non potrebbe configurarsi una responsabilità in assenza della
libertà di scegliere i fini da perseguire;
2) le intenzioni, come i pensieri e i desideri, sono energie reali agenti
su di noi, cioè sulla nostra psiche, tendenti a materializzarsi, a concretizzarsi,
nel tempo, anche sul piano fisico;
3) le intenzioni, come i pensieri e i desideri, sono all’origine del processo
causale di realizzazione nella materia;
4) le intenzioni, come i pensieri e i desideri (cosiddette “energie sottili”)
non vivono solo attorno all’uomo che le ha alimentate. Il mondo interiore
non è solo un fatto privato. Queste energie toccano concretamente le realtà
psichiche proprie e altrui;
5) le intenzioni, imprimendo la direzione qualitativa alle energie esplicitate,
condizionano la catena causale degli atti.
Quanto detto fa comprendere le ragioni sulla base delle quali si afferma
che la responsabilità morale nasce già a seguito dell’intenzione alimentata:
il desiderio e il pensiero abitano regioni vere quanto quelle della terra
e producono effetti reali quanto gli atti compiuti sulla terra (le ragioni
profonde di questa impostazione saranno, ulteriormente, illustrate nel
successivo paragrafo 4).
L’intenzione è l’alfa del processo causale delle energie impiegate e per questo occorre essere consapevoli delle proprie intenzioni in quanto esse governano realmente il processo di realizzazione, perché in esse vi è il germe che si svilupperà secondo la legge causa – effetto (cfr. cap. IV, paragrafo 2).
Essere
responsabile («res - pondere») vuole dire valutare le possibili conseguenze
delle proprie azioni prima di intervenire a modificare un certo stato
di cose: l’intenzione avvia, appunto, la modificazione dello stato delle
cose, poiché reca un seme che germoglierà.
La vera intenzione di fare del bene genera un contatto reale con il bene.
L'Intenzione "è l’unica e più importante cosa in ogni azione che
una persona compia. Questo è così perché nel mondo spirituale un pensiero
corrisponde ad un’azione" (M. Laitman).
Per coloro che sono abituati a ritenere i propri pensieri e sentimenti
“irreali”, queste affermazioni possono apparire esagerate. Per coloro
che sono abituati a vigilare sul proprio mondo interiore e a sentire le
energie dei propri pensieri e sentimenti, quanto detto appare lineare
e pacifico. Infatti, come sarà evidente dalla lettura dei paragrafi successivi,
in quasi tutti i movimenti spirituali l'intenzione ha un peso determinante.
D’altronde per verificarne la fondatezza è sufficiente iniziare ad osservarsi,
dedicando un po’ di tempo a se stessi, per appurare se i nostri atti interiori
incrementano il tasso di “bene” o di “disarmonia” in noi e in chi ci circonda.
Nell'approccio olistico e spirituale, la cultura non è avulsa dall'anima, la cultura ha un senso se viene sperimentata, verificata per diventare, poi, eventualmente, parte integrante del proprio stile di vita.
3.
La rilevanza delle intenzioni nelle filosofie spirituali.
Appare opportuno, a questo punto, dare contezza della rilevanza delle
intenzioni nei vari orientamenti filosofici. La centralità delle intenzioni
non costituisce, infatti, un quid novi nella storia del Pensiero.
Tra le prescrizioni più famose possiamo ricordare quelle riportate nei Vangeli ove Gesù invita a non commettere determinati atti ancorché di natura solamente interiore, cioè privi di forma esteriore. Quella più notoria reca: “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Alla luce di quanto detto in precedenza appare evidente la portata “realistica” del precetto.
Chiari
riferimenti in materia sono già presenti nell’etica stoica, se pensiamo
a quanto scriveva Seneca:
- “uno può diventare malfattore, senza aver inflitto del male. Se uno
sta con sua moglie, pensandosi con la moglie altrui, sarà adultero, anche
se la donna non è adultera. Uno mi dà il veleno, ma quello, mescolato
con il cibo, perde tutta la sua forza: egli, dando il veleno, si è reso
colpevole di delitto, anche se non ha nuociuto. Non è meno assassino quel
tale la cui arma è stata neutralizzata dalla resistenza del mio vestito.
Tutti i delitti, anche prima dell’esecuzione materiale, sono già completi
negli elementi costitutivi di colpa»8);
-“non importa ciò che si fa o si dà, ma con quale intenzione: importa
l’animo di chi lo fa o lo dà”; è la disposizione d’animo, infatti, che
rende grandi le piccole cose e nobilita le meschine, così come rende misere
le cose considerate importanti e pregiate ... Ciò che conta è dove orienta
le cose che noi desideriamo, ma che di per sé hanno una natura indifferente,
colui che le governa e che dà loro forma”(9).
Si è detto, a proposito dell’approccio etico cui aderisce Seneca,
che «determinante sul piano morale, qui come in ogni altra cosa, non è
l’azione materiale, ma lo spirito con cui viene compiuta … Nel De beneficiis,
ispirandosi a un’opera di Ecatone, Seneca trapiantò in terreno romano
questa concezione schiettamente greca … Chi non ha l’intenzione o la coscienza
di recare danno non merita pena; invece chi, volendo avvelenare un altro,
adopera per sbaglio un mezzo innocuo è, cionondimeno, un avvelenatore.
Tutti i delitti sono già compiuti, prima dell’esecuzione materiale, nello
spirito di chi li concepisce»(10).
Anche Sant’Agostino afferma che il peccato non è solo un'azione, una parola ma anche un desiderio contrario alla legge eterna. La legge eterna è la ragione divina o volontà di Dio che ordina di mantenere l'ordine naturale e proibisce di turbarlo (11).
Dio, secondo Abelardo, “tiene conto non delle cose che si fanno ma dell'animo con cui si fanno; il merito e la lode non consistono nell'azione ma nell'intenzione”(Ethica, Quid sit animi uicium et quid proprie dicatur peccatum).
Negli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Loyola si legge: “Non si devono dire parole inutili: si intende, cioè, quelle che non giovano né a sé né ad altri, e neppure sono indirizzate a tale scopo. Non è inutile, invece, parlare di tutto quello che giova, o ha intenzione di giovare, all'anima propria o degli altri, o al corpo o a qualche bene terreno; e neppure parlare di cose in sé estranee al proprio stato, come quando un religioso parla di guerre o di commerci. Ma in tutti questi casi c'è merito se si parla con retta intenzione, e c'è peccato se si parla con cattiva intenzione o inutilmente”.
Nel
Vangelo di Matteo si legge: “Guardatevi dal praticare le vostre
buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti
non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli”. Questo
passaggio comprova che la legge morale non produce ricompensa se non vi
è lo stato interiore (l’intenzione) corrispondente all’atto materiale
compiuto.
Anche
nel Buddismo ritroviamo precisi riferimenti sulla rilevanza delle
intenzioni:
- “Il Bodhicharyavatara di Shantideva sottolinea che la radice della pratica
di dharma sta nell'intenzione: il suo spirito è l'intenzione positiva.
Vorrei mettere in rilievo che non necessariamente importa ciò che si sta
facendo quanto come lo si sta facendo e con quale tipo di motivazione.
Questo è il punto. E la consapevolezza è la chiave per mantenere in vita
le intenzioni positive. “Etica per un nuovo millennio”, un saggio di Sua
Santità il Dalai Lama, contiene un capitolo intitolato “Nessuna magia,
nessun mistero”…il saggio presenta un'analisi dettagliata della motivazione
o intenzione. Ritengo che questo sia un elemento molto importante nella
pratica buddhista: uno stato della mente e del cuore che non riguarda
solo l'inizio ma che perdura anche nel mentre. La motivazione iniziale
determina ciò che segue sia che esso divenga positivo, negativo o neutro.
Determina la creazione di karma sia positivo che negativo” (Geshe Gedun
Tharchin, Bello e importante accumulare buon karma );
- “di tutti gli insegnamenti Buddhisti, forse, nessuno è più importante
quanto quello sulla motivazione pura. Se io dovessi lasciare un’eredità,
essa sarebbe la saggezza della motivazione pura. Se dovessi essere ricordato
con un appellativo, mi piacerebbe essere ricordato come “Lama della Motivazione”.
Tale motivazione inizia con la compassione per le difficili situazioni
in cui versano gli esseri senzienti, e raggiunge il culmine nella manifestazione
illuminata del beneficio spontaneo e ininterrotto verso questi esseri”
(Chagdud Tulku Rinpoche, L’eredità della Motivazione Pura, in “Sacred
voices of the Nyingma Masters”, Padma Publishing);
- l'intenzione è il nucleo di tutta la vita cosciente. Sono le intenzioni
che generano il karma, sono le intenzioni che aiutano gli altri, sono
sempre le intenzioni che ci distolgono dall'illusione dell'individualità
e ci orientano verso le immutabili verità della coscienza risvegliata.
L'intenzione cosciente colora e muove ogni cosa (affermazione attribuita
al monaco Hsing Yun);
- “la motivazione è una sorta di alchimia che tramuta le azioni
in qualcosa di positivo o di negativo. Ogni cosa che facciamo … può essere
tramutata in un'azione (pura, religiosa o spirituale) di dharma. Il fattore
importante è la motivazione. Magari siamo intenti a qualche azione che
non riteniamo sia dharma, ad esempio cucinare, eppure il cucinare può
essere trasformato in dharma. Come? Tramite la motivazione. Il tipo giusto
di motivazione è in grado di trasformare in dharma qualsiasi azione. Per
sviluppare e mantenere una simile motivazione abbiamo bisogno della presenza
mentale o della consapevolezza … Il vero spirito del dharma non è semplicemente
la presenza mentale o la consapevolezza, bensì è la motivazione positiva,
quel tenersi sulla via, mantenersi nel risveglio”. Si può praticare il
dharma con tre diversi livelli di motivazione: con lo scopo di ottenere
buone condizioni nelle vite future, con lo scopo di realizzare il nirvana
oppure con lo scopo di dedicare la propria vita alle cause della Buddhità,
alla piena illuminazione, allo stato del risveglio. A causa di queste
tre motivazioni ogni azione può diventare una pratica di dharma” (Geshe
Gedun Tharchin, op. cit.).
L’idea seconda
la quale la motivazione è una sorta di alchimia che può tramutare le azioni
in qualcosa di positivo (dharma) o di negativo, non è propria del solo
buddismo. Ad esempio Sant’ Alfonso Maria de' Liguori scrisse: “quando
fate il bene abbiate intenzione di dar gusto a Dio e poi di dar anche
buon esempio al prossimo ... anche le azioni corporali, come il mangiare,
il lavorare, il dormire, il ricrearsi onestamente facciamolo per dare
gusto a Dio ... la purità d'intenzione si chiama alchimia celeste per
la quale il ferro diventa oro" (Opere ascetiche, Volume 1). Questa
impostazione è ben presente con rinnovato linguaggio e con ricchezza di
argomentazioni metodologiche, come constateremo in seguito, anche nell’opera
di O. M. Aïvanhov.
Anche nella letteratura vedica l’intenzione ha un ruolo importante:
“La persona consiste delle proprie intenzioni. Secondo le intenzioni che
ha in questo mondo, così diviene alla propria dipartita. Formi perciò
un'intenzione corretta “(Chandogya Upanishad). Ad esempio, Swami Sivananda
Saraswati affermava:“Tu diventerai quello che pensi"in quanto il
pensiero domina la materia”.
La rilevanza
dell’intenzione appare evidente anche nella religione musulmana:
- in verità vi sono state vietate le bestie morte, il sangue, la carne
di porco e quello su cui sia stato invocato altro nome che quello di Allah.
E chi vi sarà costretto, senza desiderio o intenzione, non farà peccato.
Allah è perdonatore, misericordioso (Corano, versetto 173);
- ho sentito il Messaggero di Allah:"In verità, le azioni valgono
secondo le intenzioni, e per ogni persona la ricompensa sarà in base a
ciò che intendeva. Quindi, chi compie l' Hijrah per Allah e il Suo Messaggero,
la sua Hijrah sarà da Allah e il Suo Messaggero. Invece colui che compie
l' Hijrah per guadagnare beni di questo mondo o per sposare una donna,
allora la sua Hijrah sarà per ciò per cui egli ha fatto l' Hijrah"
(Ibn Rajab al-Hanbali, Jami al-Ulum wal Hikm).
Nell’ambito della filosofia spirituale occidentale, ad esempio, R. Steiner focalizza la responsabilità del perfezionamento spirituale nella sincera intenzione. Egli afferma in riferimento al percorso di perfezionamento spirituale che occorre rispettare talune condizioni, ma “va sottolineato che di nessuna di queste condizioni si richiede il completo adempimento; si richiede unicamente lo sforzo verso un tale adempimento. Nessuno può adempiere completamente a queste condizioni, ma ognuno può incamminarsi sulla via del loro adempimento. Ciò che importa è la volontà, l’intenzione di avviarsi su quella strada" (12).
Anche questo concetto appena esposto faceva parte dell’etica stoica: “tu dici: «Che cos’altro potevo fare? Finora ce l’ho messa tutta». Il punto principale è proprio questo. È l’intenzione che conta: la bontà, in gran parte, consiste nel voler essere buoni” (Seneca, Epistole a Luciano, 34 - 3).
Anche nello yoga sutra si afferma, in riferimento al perfezionamento spirituale, che “Il successo è più vicino a quanti hanno una motivazione intensa e sincera” (Patanjali, Samâdhi Pada, sutra 1.21 ).
Per la filosofia
kabbalistica, l’intenzione è fondamentale: pensiamo all’intenzione
mistica (kawwanah) che deve permeare le preghiere e le azioni degli uomini
per entrare in contatto con il Divino e per la redenzione del Mondo (13)
o alla correzione di tutte le intenzioni nei desideri (14)
per rendere possibile all’uomo la sua evoluzione spirituale: la “creazione
ha un’intenzione ed è diretta a portarci (le nostre anime) alla fine,
all’adesione (la somiglianza) con Lui, affinché risieda nel nostro interiore
(all’interno dei desideri corretti e l’equivalenza completa con l’attributo
della dazione e dell’amore che si chiama il Creatore)”
(15).
Secondo Peter Deunov, “nel suo processo di sviluppo, è inevitabile
che l’essere umano commetta molti errori. Ma i motivi interiori di questi
errori hanno una grande importanza; se egli è disinteressato, le sue colpe
sono scusate, ma se egli è egoista, no” (16).
Peraltro, anche secondo O.M.Aïvanhov l’essere umano è giudicato non solo per gli atti, ma anche per le intenzioni (La Bilancia cosmica, la scienza dell’equilibrio, pag. 192).
4. La rilevanza delle intenzioni nella cultura emergente.
Alcuni autori
contemporanei riconoscendo che l’Universo è intenzionale, permeato cioè
da una energia realizzatrice di progetti evolutivi, hanno focalizzato
l’attenzione sull’intenzione quale potere dell’uomo di realizzare i propri
propositi a condizione che tale potere venga posto in connessione con
le energie evolutive dell’Universo:
- "Ogni
cosa che accade nell’Universo nasce da un’intenzione. Secondo gli antichi
testi Vedici, le Upanishad: “Tu stesso sei il desiderio più forte e profondo
che conduce. Ai tuoi desideri seguono le tue intenzioni. Alle tue intenzioni
la tua volontà. Alla tua volontà, le tue azioni. Alle tue azioni, il tuo
destino”. In definitiva il nostro destino deriva dal livello più profondo
dei nostri desideri e delle nostre intenzioni, strettamente correlati
tra loro ...;
- Quando
un’intenzione si ripete, essa crea una sorta di rituale, la regolarità
di una routine. Più profonda è la sua dimora nel nostro cuore, più probabilità
ci sono che la coscienza dell’Universo si attivi per ricreare e manifestare
questa nostra intenzione nel mondo fisico. Per questo, se ti senti “bloccato”
nella tua vita o se credi che quello che davvero desideri sia impossibile
– pensa in grande! Vai oltre lo stato mentale che in genere ti limita
e ti imprigiona. Vai con il pensiero oltre i problemi attuali, le difficoltà
e le sfide. Abbi cura delle tue intenzioni, non le abbandonare … nutri
con continuità le tue intenzioni più pure e sentite … Come fare? Per ognuna
delle tue intenzioni, chiediti: Come può essermi utile e come può essere
utile alle persone con cui io sono in contatto? Se la risposta è vera
gioia e soddisfazione, allora la tua intenzione, cooperando insieme alla
nostra mente "non locale", agisce da sola, orchestrando in modo
armonico e sublime la sua stessa realizzazione. Ogni nostra intenzione
racchiude in sé uno straordinario potere, una capacità organizzativa divina
che dobbiamo lasciar agire indisturbata, senza tentare di forzarla o di
manipolarla. L'unica cosa che dobbiamo fare é avere fiducia nel risultato.
Questo è l'atteggiamento che ci permette di vedere la sincronicità nel
mondo che ci circonda. Dobbiamo arrivare a percepire con chiarezza che
è la nostra anima - e non il nostro ego - ad essere il fulcro interiore
con cui entrare in contatto. È in questo momento, quando cioè entriamo
in contatto con la parte più profonda di noi stessi, che siamo in sintonia
con il nostro destino" (17);
- “l’intenzione è uno scopo preciso o un obiettivo chiaro accompagnato
dalla determinazione a raggiungere un risultato desiderato … per far emergere
un’idea nella nostra realtà, occorre allineare il mondo interiore con
il potere dell’intenzione che è un potere spirituale creatore operante
nell’universo. Questa energia è dappertutto. Per entrare in connessione
con essa occorre nutrire una filosofia altruistica, tramite l’ego non
possiamo entrare in contatto con l’intenzione. Occorre eliminare le nostre
convinzioni di fondo impeditive e cioè: sono ciò che possiedo; sono ciò
che faccio; sono ciò che altri pensano di me; sono separato da tutti;
sono separato da tutto ciò che mi manca nella vita; sono separato da Dio”
(18).
Dal secolo
scorso, il campo delle intenzioni interessa anche la scienza. Come rilevato
nel capitolo I, se la mente dell'osservatore, con la sola intenzione di
osservare, incide sulla realtà dei fenomeni osservati, ciò vuol dire che
il nostro pensiero, le nostre intenzioni hanno una influenza sulla materia
(19). L’influenza
esercitata dall’osservatore sulla realtà osservata è già una prova efficace
dell’azione spiegata dalle intenzioni.
A mano a mano che “gli scienziati continuano a esplorare cosa significhi
esattamente essere dei partecipatori, si accumulano ulteriori prove che
conducono a una conclusione inevitabile: viviamo in una realtà interattiva,
dove modifichiamo il mondo che ci circonda cambiando ciò che accade all’interno
di noi mentre lo osserviamo – cioè i nostri pensieri, sentimenti e credenze”(20).
Il ruolo dell’intenzione cosciente comincia a farsi spazio, dunque, anche
nelle teorie scientifiche. Secondo E. Laszlo “in un universo interconnesso
a livello sottile, dove le persone possono accedere a qualche aspetto
della coscienza degli altri ... è probabile che una persona intuisca intenzioni
che inducono coerenza in un’altra come presenza di bene, intenzioni che
inducono incoerenza in un’altra come presenza di male. Questo conferisce
responsabilità morale non soltanto alle nostre azioni, ma anche alle nostre
intenzioni. Possiamo produrre il bene nel nostro ambiente anche sintonizzando
le nostre intenzioni verso la coerenza e il male tramite le nostre intenzioni
di frammentazione, separazione, incompatibilità e caos” (Risacralizzare
il cosmo cit., pag. 75). Il termine coerenza, in questa teoria scientifica
è sinonimo di condotta in linea con l’evoluzione
cioè di condotta costruttiva improntata all’equità, di condotta solidale
...
Secondo lo scienziato R. Sheldrake, l’uomo, come il sole, la terra
ed altri corpi, ha un suo campo esterno tramite il quale le sue intenzioni
e la sua mente si estendono oltre il cervello e comunica con l’ambiente
esterno: ”ci sono molte prove da esperimenti ben controllati che le persone
possono influenzare eventi fisici ... e il tutto avviene a distanza attraverso
l’intenzione”
(21).
Questo scienziato ha teorizzato i campi morfici o morfogenetici i quali
“si estendono oltre il cervello, fin nell’ambiente circostante, legandoci
agli oggetti che cadono sotto la nostra percezione e rendendoci capaci
di agire su di essi attraverso le intenzioni e l’attenzione”; questi campi
mentali, come i campi magnetici, elettromagnetici e gravitazionali, sono
invisibili, eppure, influenzano la realtà esterna a distanza(22).
Peraltro, secondo Paracelso, ricorda L. Dossey: ”la forza vitale non è
racchiusa nell’uomo ma si irradia attorno a lui come una sfera luminosa
e può agire a distanza, in questo alone semimateriale l’immaginazione
di un uomo può produrre effetti positivi e dannosi“
(23).
Un’evidenza sperimentale dell’impatto dell’intenzione conscia è stata
fornita dall’esperimento condotto con esito positivo dal neurofisiologo
Grinberg-Zylberbaum: “due soggetti si sono correlati tra loro meditando
insieme, con l’intento di stabilire una comunicazione diretta”(24).
Osserva il fisico V. Marchi: “abitualmente pensiamo che ciò che
ci circonda sia già qualcosa e che questo qualcosa esista senza la nostra
intenzione. Di fatto invece dobbiamo cambiare questo nostro modo di pensare,
perché persino un elettrone, come ha ammesso lo stesso premio Nobel Carlo
Rubbia, ha una tendenza mentale. Dobbiamo quindi riconoscere che persino
il mondo materiale che ci circonda, essendo costituito da particelle che
vanno a comporre, per esempio, la struttura di una sedia, di un tavolo,
di un muro, di un tappeto, di una stanza o di qualsiasi altra cosa che
sia solida, non è nient’altro che uno dei possibili atti di coscienza
… Tutto è coscienza, e da essa il Tutto emerge come da una grande Matrix
- diceva Max Planck, padre della fisica quantistica, fin dal lontano 1944.
E noi altro non facciamo che scegliere di volta in volta quale di questi
atti del campo universale intelligente portare alla realtà. Il fatto è
che un oceano di onde di varia ampiezza e frequenza è alla base del nostro
esistere. La stessa poltrona su cui sediamo è, infatti, costituita solo
di onde, nient’altro che di onde di energia, formate da microparticelle
quali, elettroni, bosoni, gluoni, fermioni, barioni, adroni, fotoni, quark,
e altro, tutti elementi che si muovono ad una velocità vertiginosa, in
una condizione dunque che permette a questo comodo sedile di mantenere
la propria forma”
(25).
Ora, se io cambio (o tento di cambiare) le mie intenzioni, afferma il prof. Laitman, si modificheranno gli eventi nella mia vita, l'intenzione cambia il destino: "desiderare il cambiamento dell’intenzione la cambia, ma un’azione evidente, ha ancora più effetto".
Osserva su questo tema D.Chopra: "Tutti i bambini che conoscono la storia di Aladino sognano di poter trovare come lui una lampada magica che, se strofinata, liberi un genio pronto a esaudire ogni loro desiderio. Noi adulti, invece, sappiamo benissimo che non esistono lampade magiche e geni disponibili, e ci teniamo dentro tutti i nostri sogni. Ma se fosse davvero possibile realizzare i desideri, quale sarebbe il primo? Quale potrebbe soddisfare le vostre esigenze più profonde? Quale consentirebbe alla vostra anima di compiere il suo destino? L'intenzione crea le coincidenze, è la ragione per cui succede esattamente ciò che pensiamo, il motivo che provoca la guarigione di alcune persone o la remissione della loro malattia, e orchestra tutta la creatività dell'universo. Noi esseri umani siamo in grado di migliorare la nostra vita grazie all'intenzione, ma perdiamo tale capacità ogni volta che il nostro sè viene oscurato dalla sua stessa immagine, in pratica quando sacrifichiamo il nostro vero sè in favore dell'ego. L'intenzione organizza in maniera sincronistica una serie di attività notevolmente variabili, a prima vista caotiche e non legate fra loro, dando vita a un sistema dinamico ben ordinato e capace di congegnarsi da solo. Tale sistema si manifesta contemporaneamente sia come il mondo osservato sia come il sistema nervoso attraverso il quale lo si osserva. L'intenzione, è responsabile anche di tutti i processi legati ad apprendimento, memoria e ragionamento, oltre che delle attività motorie. In altre parole, l'intenzione è alla base della creazione" (Le coincidenze cit.).
Secondo Bruce
Lipton e Steve Bhaerman "l’intenzione costituisce una grande dichiarazione
di proposito e direzione. Nel caso della nostra evoluzione personale,
una intenzione adeguata sarebbe quella d’intessere i nostri talenti, amori
e missioni per sostenere il nuovo organismo di farfalla emergente. Gli
insegnanti spirituali antichi e moderni riconoscono collettivamente che
il fatto di stabilire una intenzione attira a noi nuove esperienze come
una calamita. Se la necessità è madre dell’inventiva, è assai verosimile
che l’intenzione ne sia il padre. Stabilire delle intenzioni può mettere
in moto le cose sul piano del subconscio, ma per un autentico cambiamento,
le intenzioni devono anche riflettersi nelle nostre scelte consapevoli
quotidiane. Accettando le implicazioni contenute in Evoluzione spontanea,
ossia che siamo tutti anime cellulari in un super-organismo chiamato umanità,
dobbiamo chiederci: «Quali scelte quotidiane posso personalmente fare
per rinforzare questa visione emergente del mondo?». Per alcuni la risposta
può significare cambiare carriera; per altri coltivare un giardino o compiere
un’azione gentile ogni giorno. Ogni scelta individuale sarà unica e rappresenterà
la forma più elevata di espressione personale in questi tempi di trasformazione"(Evoluzione
Spontanea, 2011)
In conclusione,
l’intenzione, possiamo affermare sulla scorta delle precedenti riflessioni,
esprime il collegamento reale che noi effettuiamo in un dato momento tra
il nostro mondo interiore (e gli eventuali gesti attuativi) con le energie
dell’Universo. Questo collegamento può essere coerente (vedi, sopra, la
teoria di Laszlo sulla coerenza) con i progetti
evolutivi della Vita ed allora sprigiona energia benefica in noi e
nell’ambiente psichico circostante: quando ciò avviene, avvertiamo benessere,
ci sentiamo appagati.
Questo collegamento può non essere coerente perché è egocentrico, disarmonioso:
quando ciò avviene ci sentiamo insoddisfatti e insofferenti. Gli stati
soggettivi che noi viviamo ci dicono con chiarezza qual è la qualità del
collegamento in corso in un dato momento della nostra vita.
L’intenzione è paragonabile ad una sorta di collegamento di tipo elettrico. Con l’intenzione colleghiamo la nostra “presa” ad una corrente che può essere di bassa o di elevata vibrazione. Una volta che colleghiamo la presa, riceviamo e doniamo la qualità di energia propria della fonte a cui ci siamo collegati. Nel corso della nostra giornata, questi collegamenti, evidentemente, sono numerosi e, talora, sono pure contraddittori.
Potrebbe essere utile, dunque, verificare quali sono le nostre intenzioni profonde nei vari atti della vita e nelle molteplici relazioni umane. In psicologia è definita "memoria prospettica" quella avente ad oggetto il ricordo di azioni che devono essere compiute nel futuro sulla base di pregresse intenzioni; si parla, infatti, di una memoria delle proprie intenzioni.
Ad esempio, l’intenzione che abbiamo nei confronti della nutrizione non è identica tra le persone e nemmeno, nel corso del tempo, lo è, relativamente, ad una stessa persona: possiamo assumere il cibo con indifferenza, con voracità, con bramosia, oppure, con amore, armonia, ringraziamento (cfr. su questa importante tematica, "Lo yoga della nutrizione" di O. M. Aïvanhov). Le intenzioni con le quali mangiamo dànno, effettivamente, il senso concreto (armonioso e salutare o il contrario) all’atto quotidiano della nutrizione, come possiamo desumere direttamente dalla nostra esperienza di vita. Similmente, questo ragionamento può essere esportato in tutte le cose che facciamo, anche in quelle più semplici e quotidiane per ritrovare un senso arricchente e benefico. Non a caso, l'intenzione corretta fin dal lontano passato, come abbiamo prima rilevato, è stata concepita quale un agente trasformatore. L’intenzione consapevole sprigiona le migliori energie benefiche, in aggiunta, anche sulla base delle leggi di causa – effetto e di attrazione
In epoca contemporanea, O. M. Aïvanhov è l'autore che ha maggiormente sviluppato la tematica dell'intenzione applicata nella vita quotidiana, in modo approfondito, in molte conferenze nelle quali ha illustrato come l’intenzione elevata possa far recuperare il senso del sacro di tanti atti della nostra vita quotidiana, altrimenti, soggetti all’automatismo e all’involontarietà (26).
Peraltro, anche in pedagogia si è sostenuto che la costruzione del Sè come soggetto dotato di senso implica il darsi intenzioni e l'organizzarsi secondo intenzionalità (27).
In conclusione, una cultura emergente ci invita sia a dare sempre uno scopo a ciò che facciamo affinché la nostra azione sia consapevole e determinata nel mondo interiore, sia a nutrire intenzioni positive, altruistiche, giacché esse sono realmente efficaci. Ma queste intenzioni non devono sorreggere solamente alcune tipologie di atti. Questa attitudine, come ha insegnato O. M. Aïvanhov, dovrebbe riguardare il compimento degli atti della vita quotidiana in generale. L’intenzione orientata positivamente amplia, dunque, la quantità e la qualità della nostra vita vissuta in quanto sottrae spazio alle porzioni di vita vissute in modo automatico.
Come
abbiamo evidenziato in precedenza,
nell'approccio olistico e spirituale, la cultura non è separata dall'anima,
ha un senso se viene sperimentata, verificata per diventare, poi, eventualmente,
parte integrante del proprio stile di vita, a seguito delle proprie scelte
consapevoli. Pertanto, una riflessione sulle intenzioni ha un senso se meditiamo
sulle nostre abituali intenzioni e proviamo a studiarne l'impatto nella
nostra vita rispetto agli atti quotidiani
(28).